Catalogo

TEULADA STORIA E SOCIETÀ nel 400° anniversario della fondazione (1624-2024)

A cura di Salvatore Loi e Giovanni Murgia

Nella ricostruzione del processo storico che ha profondamente segnato la vicenda umana di Teulada, dalla sua rifondazione nel 1624 fino ai nostri giorni, l’attenzione degli studiosi, Giovanni Murgia, Andrea Pubusa, Fabio Parascandolo, docenti universitari, Giovanni Serreli, ricercatore ISEM-CNR di Cagliari, Enrico Trogu, direttore dell’Archivio di Stato di Cagliari, e Salvatore Loi, hanno posto con puntualità scientifica l’attenzione sull’uomo, colto come singolo individuo, sia nel suo agire all’interno, che all’esterno delle aggregazioni sociali che lo contengono.
Nel muoversi su questa traiettoria storica lo studio su Teulada ha richiesto un notevole impegno nella ricerca delle fonti documentarie reperite presso diversi archivi spagnoli, di Genova e di Cagliari, che ha consentito comunque di squarciare i veli di luoghi comuni, spesso banali, su una realtà territoriale che nel corso del tempo l’ha vista sempre proiettata verso l’orizzonte del mare, foriero allo stesso tempo di imprevedibili pericoli, ma anche di processi di crescita e di sviluppo, che poi hanno contribuito a plasmare la complessa, ma originale, identità teuladina.
Nel cogliere il nesso imprescindibile del rapporto tra mare e comunità teuladina, si sono potute proporre nuove ipotesi storiografiche, con nuove ricostruzioni del passato, col ricorso anche al collegamento con altre discipline di studio, quali la geografia, la demografia, l’economia e la linguistica, seguendo un rigoroso metodo filologico e documentale, col rifiuto quindi di schemi e teorie pregiudiziali che risultino in contraddizione con l’evidenza fornita dal documento.
La ricostruzione puntuale e rigorosa dell’evoluzione del processo storico relativo alla realtà teuladina in epoca moderna e contemporanea, inoltre, racchiude in se il pregio di porsi come educazione alla problematiche della storia, attraverso il ricorso ad un’analisi critica e razionale dei fenomeni, che proietta la sua attenzione su tutte le dimensioni dell’agire umano: da quella economica a quella sociale, culturale, demografica e religiosa. Gli eventi e le trasformazioni del passato risultano inseriti in un ampio contesto fatto di una molteplicità di elementi, spesso assai diversi e interagenti tra loro.
L’indagine storica, attraverso un minuzioso e sistematico ricorso alle fonti documentarie, ha consentito agli studiosi di cogliere il nesso inscindibile, quel filo rosso che ha caratterizzato il rapporto fra le genti costiere teuladine ed il mare, che, anche nei momenti di maggiore tensione e pericolo, ha rappresentato una straordinaria risorsa economica e culturale nell’incontro-scontro fra genti diverse per usi, costumi e religione, fra mondo musulmano nordafricano e mondo cristiano. Mondi fra loro in perenne conflitto, ma che è occasione di un costante reciproco interscambio non solo commerciale, ma anche culturale, che si alimenta e si sostanzia nel comune operare nell’azzurra distesa delle acque del Mediterraneo, che pullula di vita frenetica, e che, con colori tutti propri, variegati e scintillanti inghirlanda quelle sponde che vi si affacciano.
Il Mediterraneo diventa, ma lo è sempre stato, un luogo dove le identità si costruiscono nei secoli arricchendosi l’una dei caratteri speciali e peculiari dell’altra. Lo scontro diventa parte dell’incontro; la frontiera appare come un luogo aperto dove si affrontano e si confrontano identità già di per sé predisposte alla contaminazione, in virtù dell’esistenza del contatto stesso. Il confine perde il suo valore assoluto di demarcazione, di chiusura, di netta contrapposizione, diventando soglia quasi impalpabile e impercettibile, e, nel bilancio di una geografia mediterranea, si piega ad annullare le dimensioni spaziali trasformando il bacino del mare in uno spazio aperto, che fa respirare e nutrire le terre dell’aria e dell’humus del vicino, togliendo senso e significato al confine stesso nella lingua, nella storia, nell’economia e nella cultura. Ed allora la manichea e retorica contrapposizione tra Oriente e Occidente, islam e cristianesimo, sardi e mori, capace solo di sterilizzare la sintesi di mondi differenti, finalmente si annulla e il Mediterraneo diventa un immenso laboratorio di un’unica civiltà multiforme. Le sponde del Mediterraneo si avvicinano, si fondono in un unico nucleo territoriale, attraverso il contatto che dà origine a dinamiche “inclusive”.
E la rinascita di Teulada, pur fra i costanti pericoli dovuti alla presenza barbaresca, soprattutto quando il conflitto fra paesi nordafricani e la Spagna diventa più aspro, coinvolgendo anche la Sardegna, regno satellite, continuerà a dipendere dal suo rapporto con il mare. Infatti il pioniere del primo nuovo insediamento, il mercante genovese Pietro Porta, è tra gli esponenti di maggior peso della nutrita presenza di mercanti di estrazione ligure-genovese presenti a Cagliari, tra la fine del Cinquecento ed i primi del Seicento, ad investire notevoli capitali nella pesca del corallo e nell’impianto delle tonnare nel mare prospiciente l’odierna Teulada, ed a promuovere un nuovo insediamento abitativo nella località di Sant’Isidoro, comunque esposta sempre agli attacchi dei corsari, e quando il territorio appare del tutto spopolato con la sola presenza di pastori sulcitani e barbaricini distribuiti nella sua vasta area collinare e montana.
L’iniziativa del Porta, che per proteggere le sue attività per lo sfruttamento delle risorse del mare, s’impegna anche nella costruzione di torri litoranee per il respingimento di eventuali attacchi corsari, non andrà a buon fine. In assenza di eredi maschi, alla sua morte, avvenuta il 3 ottobre del 1620, lasciava in dote il feudo alla figlia Caterina che al momento del matrimonio (4 febbraio 1621) lo portava in dote a Salvatore Sanna, coadiutore del Razionale e nipote dei Martì, che tra l’altro, insieme ai Nater, Polero, Pintor, Ascheri (Asquer) ed altri controllavano in maniera quasi monopolistica anche il commercio del grano sardo nell’area mediterranea. Intanto il territorio, nonostante il Porta avesse animato le coste col fervore della sua attività, e tentato di introdurvi alcune famiglie, rimaneva di fatto spopolato. Ad allontanare la popolazione era ancora una volta il timore delle incursioni barbaresche, divenute più frequenti nel tornante di fine Cinquecento anche per l’acuirsi della tensione fra Spagna e nord Africa, che la costruzione delle torri non era valsa a scoraggiare. Come pure da non trascurare è anche il fatto che la tonnara di Pixinnì, a partire dal 1606, veniva di fatto abbandonata per scarsa redditività, come pure quella di Portopino per la nutrita presenza di foche mona (bous marins) che, squarciando le reti, liberavano i tonni catturati
Spetterà pertanto al nuovo barone Salvatore Sanna, marito della figlia Caterina, riattivare il ripopolamento del sito. Il 29 gennaio 1624, Filippo IV, dalla “Casa del Pardo” di Madrid, lo riconfermava infatti nella successione del feudo, rimarcando che la Corona caldeggiava il ripopolamento della Baronia. Il decreto reale veniva registrato a Cagliari il 28 marzo del 1624 dal notaio Francesco Vilaret, su istanza del viceré don Juan Vivas.
Sembra essere questo l’atto decisivo per la nascita della nuova Teulada nel sito attuale, dopo il primo tentativo di insediamento avviato dal Porta nella località dove sorge la chiesa di Sant’Isidoro.
Alla morte di Agostino Sanna, figlio di Salvatore e Caterina Porta, il feudo, per mancata successione ereditaria, rientrava nella piena e mera disponibilità della Corona, ma continuava a restare scarsamente popolato. Veniva messo quindi all’asta, ed il 7 luglio del 1668 assegnato ad Antonio Catalán, la cui famiglia, di origine provenzale, trasferitasi a Cagliari ai primi del XVII secolo, con i traffici mercantili internazionali era riuscita ad accumulare un cospicuo patrimonio, operando in stretto rapporto con i genovesi presenti a Cagliari.
Per avviare un serio ripopolamento del vasto territorio ricadente nella Baronia, largamente privo di popolazione, il Catalán, agendo con lo spirito del mercante-imprenditore che investe capitali per trarne dei profitti, ma con la prospettiva in qualità di feudatario di assicurarsi una rendita feudale certa, il 4 di novembre del 1671, in Cagliari, stipulava una Carta puebla, una carta di ripopolamento, con 27 futuri coloni: di essi, se non per alcuni, non è dato conoscere la provenienza territoriale, né tantomeno la condizione sociale. Di certo, comunque, la gran parte di essi erano persone pratiche d’agricoltura ed artigiani con specifiche competenze, iscritti ai Gremi della città di Cagliari, che intendevano impegnarsi in una impresa dagli esiti non scontati.
L’accettazione di un trasferimento ad altro territorio diverso da quello d’origine, con l’assegnazione di terre da coltivare e il riconoscimento di franchigie fiscali per diversi anni, avrebbe potuto assicurare una stanzialità stabile e di lunga durata, e poteva apparire come la conquista della “terra promessa”, dove progettare un futuro di vita indubbiamente migliore di quello fino ad allora goduto.
La ricolonizzazione di un territorio, come quello di Teulada e de sos casales de su termino y jurisdición, non solo debolmente popolato, ma che presentava una situazione sociale alquanto sfilacciata e precaria, per il Catalán si presentava fin dal primo momento ardua e azzardata soprattutto in termini di investimento economico. L’impresa, comunque, appare ben pensata e meglio condotta se già subito dopo il primo insediamento dei coloni si registravano nuove adesioni.
La presenza più stabile e diffusa sul territorio collinare e montano di insediamenti economico-produttivi contribuiva anche ad innervare la dinamica demografica del centro abitato di Teulada in quanto i rapporti sociali, attraverso strategie matrimoniali sempre meno endogamiche e più allargate, tendevano a consolidarsi, contribuendo nel contempo a sviluppare e a radicare anche una nuova coscienza di appartenenza identitaria della comunità all’interno di un vasto territorio che economicamente e culturalmente ne rappresenta il punto di riferimento, cioè il suo fundamentu, che dal territorio del centro abitato s’irradia a raggiera, comprendendo anche gli insediamenti satellitari dei furriadroxius e dei medaus.
E nel rapporto organico tra uomo e spazio naturale del territorio la comunità teuladina troverà le radici di una propria e specifica identità materiale, sociale e culturale. In questo caso la “storia locale” acquista una dimensione spaziale mediterranea, che tende ad esaltare il rapporto stretto fra centro del potere e periferia, per cui se è vero che la “grande Storia” illumina la “piccola”, è anche vero che la “piccola” può illuminare la “grande”.

Informazioni

Biografia/e: Salvatore Loi Murgia Giovanni Edizione:Luglio 2024 Pagine:272 Genere:Storia sarda locale Prezzo:25,00 euro ISBN:978-88-6791-330-5 Disponibilità: Illustrazioni e fotografie:No

Dello stesso autore/autori

TEULADA STORIA E SOCIETÀ nel ...

A cura di Salvatore Loi e Giov ...

Al rogo dell’Inquisizio ...

Giovanni Murgia

1618/2018 Convitto Nazionale ...

A cura di Giovanni Murgia

Un’isola, la sua storia ...

Giovanni Murgia

Un’isola, la sua storia ...

Giovanni Murgia

Un’isola, la sua storia ...

Giovanni Murgia

In corso di stampa

Aragonensia

a cura di Joan Armangué, sagg ...

L’acqua nella tradizion ...

a cura di Joan Armangué i Her ...

Villamar «Una comunità, la ...

Giovanni Murgia (a cura di) Sc ...

Tra emarginazione e repressio ...

Giovanni Murgia (a cura di), A ...

L’eccidio di Villasalto nel ...

A cura di Giovanni Murgia

Infanzia abbandonata e concub ...

Giovanni Murgia (a cura di), A ...

Mamma mia su Moro! Storie d&# ...

A cura di Sara Cossu

La società rurale nella Sard ...

Giovanni Murgia

Quel maggio del 1906

A cura di Giovanni Murgia, sag ...

I moti sociali nella Sardegna ...

A cura di Giovanni Murgia, sag ...